Nell’appalto e nella somministrazione di lavoro tramite agenzia non è possibile utilizzare il lavoro occasionale di tipo accessorio. Lo precisa il Ministero in una circolare. Un impresa non può reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi. Unica eccezione: gli steward da stadio delle società calcistiche.

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La riforma del mercato del lavoro voluta dal Ministro Fornero a metà del 2012 ha di fatto liberalizzato l’utilizzo del lavoro accessorio in tutti i settori contributivi. E’ stato previsto solo un limite quantitativo di tipo economico pari a 5.000 euro annui per ogni lavoratore (2.000 euro in caso di imprenditori commerciali e professionisti). Esistono però alcuni casi in cui il lavoro accessorio è comunque vietato: è il caso dell’appalto e della somministrazione di manodopera (Agenzie per il lavoro).

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Il Ministero del Lavoro ha ribadito nella circolare n. 4 del 18 gennaio 2013, contenente le indicazioni operative per il personale ispettivo riguardo al lavoro accessorio, che pur avendo, la riforma, ampliato notevolmente i casi in cui è possibile ricorrere a questa tipologia di prestazione di carattere occasionale, questa tipologia di lavoro non è utilizzabile quando c’è un intermediario tra il lavoratore e l’utilizzatore finale, ossia in caso di appalto e somministrazione.

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Si tratta di una prestazione che ha natura meramente occasionale e di tipo accessorio, tra l’altro retribuita attraverso i buoni voucher, che dall’entrata in vigore della riforma devono essere anche orari, numerati progressivamente e datati. Oltre che scadere dopo 30 giorni. Essendo tale tipologia contrattuale prevista per tipologie di rapporti di lavoro molto saltuari, il legislatore ha inteso non far assolutamente rientrare questo istituto contrattuale nell’ambito di quei fenomeni, ovviamente legali, di intermediazione nel mercato del lavoro come sono l’appalto e la somministrazione di manodopera tramite Agenzia per il lavoro.

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Il Ministero nella circolare n. 4 del 2013 ha precisato che: “Il lavoro accessorio costituisce uno strumento attraverso il quale ricondurre nell’ambito della regolarità talune prestazioni di carattere occasionale che, frequentemente, sono di fatto escluse da qualsiasi formalizzazione. Perdura l’esigenza che lo stesso non si presti a fenomeni di destrutturazione di altre tipologie contrattuali e a possibili fenomeni di dumping sociale nell’ambito degli appalti, a sfavore delle imprese che ricorrono a contratti di lavoro più stabili”.

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In relazione a tale aspetto, pertanto, conferma il Ministero nella circolare n. 4 del 2013, “è possibile confermare l’orientamento secondo il quale il lavoro accessorio è utilizzabile in relazione a prestazioni rivolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione stessa, senza il tramite degli intermediari. L’unica eccezione è quella degli steward delle società calcistiche, come esplicitamente previsto con D.M. 8 agosto 2007 modificato dal D.M. 24 febbraio 2010”.

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Il ricorso ai buoni lavoro è dunque limitato al rapporto diretto tra il lavoratore prestatore ed il datore di lavoro utilizzatore finale, mentre è escluso che una impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni (che sarebbero occasionali di tipo accessorio) a favore di terzi come nel caso dell’appalto e della somministrazione.